
Quando nel 2016 realizzai assieme all’amico e compagno di avventure Tommaso Latino il corto “Sogno barocco” per promuovere la città di Noto, non avrei mai potuto immaginare quanto forte sarebbe diventato da lì a poco il mio legame con il giardino di pietra.
A Noto ho raccolto fiori bellissimi. Una terra in cui ho sempre riso, ho amato, ho tremato di emozione, ho costruito relazioni; ho condiviso scrivanie, tavoli, sedie, progetti, scalette, palchi. Ho parlato a voce bassa, con il microfono, davanti alla telecamera, alla cattedra e sono stata anche capace di silenzio.
Custodisco memorie che fanno già parte del mio passato ma sono così ricche, gioiose, a tratti ingombranti che, ogni volta, mi restituisce un senso di pienezza anche solo ricordarle, dal latino rĕcordāri cioè richiamare al cuore, anticamente sede del sentimento e dell’intelletto.
Sento Noto così affine: è per me da sempre la personificazione di una nobildonna che, stretta in un corsetto, corre a passo svelto, con calzature di pezza, tra i suoi vicoli, respirando profumi di biscotti alle mandorle, sugo finto e libertà. E’ una donna altera dall’andamento fiero perché nata nell’aristocrazia, ma si rivela poi generosa, estroversa, gaudente e festosa.
Io passeggio spesso per Noto e ogni volta lo faccio vestendo abiti leggeri e con scarpe basse. A Noto non devi dimostrare nulla, devi semmai spogliarti da ansie e brutture se vuoi esperire la sensazione di immergerti in un contesto di assoluta e atavica Bellezza, una maestosità fuori dal tempo. Qui, passato e presente si incrociano costantemente: quando il passato bussa, il presente si inchina, il futuro si manifesta. Se alzi gli occhi, dai balconi bombati scorgi ancora le sagome dei gonnelloni, mentre le veneziane celano sguardi e veli di chi, da centinaia di anni, osserva silenzioso e compiaciuto il tuo passaggio nascosto da polverose tende ricamate.
Quando cammino di notte per i vicoli di Noto, mi percepisco al sicuro e all’improvviso sento i miei passi che rimbombano e riecheggiano assieme a quelli che hanno già percorso quelle strade. Puoi udire zoccoli e carrozze, ma anche carretti e venditori. Puoi ascoltarli anche se non li vedi perché a Noto vi è un’operazione che più di tutte riesce naturale: sognare. Così, quando mi siedo a osservare la luna e le stelle, mi incanto per quel blu notte interrotto dalla luce calda dei lampioni, che illumina ogni stagione.
A Noto, al mattino, la luce del sole si rifrange sulla pietra bianca e ti abbaglia costringendoti a spostare lo sguardo un po’ più in su per stupirti dell’azzurro del cielo che, in foto, pare essere dipinto dalla mano di un artista bambino che, innocente, non conosce ancora il significato della sfumatura.
Noto è il mio Sogno Barocco, il racconto della mia storia d’amore con un luogo il cui genius loci è ancorato all’episodio della ricostruzione che ha decretato la magnificenza del suo presente. Andare a Noto, la ville resiliente, significa subire il fascino di uno stile che sopravvive alle epoche e che, senza conformarsi, sa abbracciare la modernità.
Vivere Noto significa anche arrossire di fronte al baciamano di un principe in costume, in una sera di fine settembre. Stavolta non l’ho immaginato, è accaduto sul serio: ero io, era lui. Era, è stata e tornerà ad essere la Notte Barocca. Una notte di musica, arte, convivialità, emozione.
Grazie, Noto, stupor mundi!