Quella volta in cui ho scoperto perché alla vigilia della solennità dell’Assunta, ad Augusta, a mezzogiorno, si getta acqua per strada e sugli usci di casa.

La Sicilia è un libro che si legge senza leggere, che si sfoglia a mani giunte senza bisogno di sfogliare. La Sicilia è un libro da cui apprendi se hai occhi per osservare, orecchie per ascoltare e un cuore terso per sentire, emozionandoti ancora, ogni volta, come fosse la prima ascoltando le sue tante storie.
 
E ieri mi è successo di trovarmi a sorridere e pregare in una città che poco conoscevo. Ero ad Augusta, nella provincia aretusea, in ospedale, quando allo scoccare del mezzogiorno ho visto gente del luogo apprestarsi a raggiungere l’ingresso della struttura gettando acqua per strada. Dapprima non capivo e osservavo la scena stranita e da straniera; poi una signora augustana di buon cuore si è avvicinata, raccontandomi una tradizione che unisce fede cristiana e usanza locale.
 
Così ho appreso che il 14 di agosto, alla vigilia della solennità dell’Assunta, alle ore dodici in punto, quando tutte le campane della città suonano a festa, i fedeli gettano acqua per strada. L’usanza di “ittari l’acqua” non è stata per niente abbandonata in città, sopravvivendo a mode, secoli e tempi. Anzi, è viva oggi più che mai, con tantissimi fedeli che attendono lo scoccare del mezzogiorno per riversare davanti l’uscio di casa e dai balconi litri d’acqua, riposta in secchi o contenitori di varia grandezza, quali “pignati e vacili”. Durante l’aspersione si recita la preghiera “Pararisu e rifriscu a l’anima de mutticeddi” in suffragio dei morticini ai quali il gesto è rivolto, a cui si aggiunge la recita di un Padre Nostro, un Ave Maria e un Gloria al Padre
 
Un atto di fede antico e sincero che ancora oggi viene perpetrato di anno in anno, trasmesso ai figli e ai bambini, e che puntualmente viene rispettato dagli augustani come una tradizione immateriale della comunità cittadina. Ecco perché, con un pizzico di commozione, oggi ho avuto la fortuna di vivere quest’usanza anche io e condivido l’intimità del gesto, l’umiltà dell’intenzione, la devozione di una città per farne memoria. Perché il 14 di agosto degli anni a venire mi sentirò anche io un po’ augustana, ancora più isolana e per niente isolata, grazie al potere di una preghiera che si recita in qualsiasi luogo, capace di rinnovare, benedire, rinsaldare e sublimare l’unione tra cielo e terra. In saecula saeculorum. 

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