Per un Rosolinese “a fera ro vintirui” fa parte imprescindibile della propria identità e della memoria collettiva.

Ogni primo venerdì del mese e ogni 22 l’appuntamento si ripete: una delle maggiori arterie di Rosolini, viale Aldo Moro, viene chiusa al traffico e le due corsie diventano luoghi ospitali di banchi e bancarelle. Qui trovi di tutto: dalla maglia a sei euro al capo in saldo al pollo arrosto agli ortaggi locali fino al pistacchio di Bronte, alle rose olandesi e agli mpanatigghi della Contea.

E’ innegabile: chiunque sia nato in questa città, custodisce almeno un ricordo legato a una passeggiata per la strada democraticamente ribattezzata “i 400 metri“. Pensare al mercato crea in ognuno di noi una sensazione di serenità e nostalgia, di fiducia e calore. Perché prima che un posto per gli acquisti è un luogo di ritrovo.  Per questo, ogni 22 del mese, il rosolinese, anche se non ha nulla da comprare, avrà sempre un valido motivo per recarsi al mercato. E sapete perché si va? Si va perché ogni 2 metri incontri un amico da salutare e nei restanti 2 speri che quell’altro non si aggorga di te, per sgattaiolare da un reparto all’altro, tra calze in offerta e manichini da scansare, camicie volanti da mancare e passeggini e nonnine da dribblare.

Alla fiera del 22 l’anima del commercio si impossessa dei suoi frequentatori: e anche senza che tu chieda il parere, ci sarà sempre qualcuno a distanza pronto a esprimere il suo giudizio sull’articolo che serri tra le mani, mentre il titolare del banco è impegnato a “vanniare” per catturare l’attenzione dei passanti distratti che si confondono agli habitué.

A me il mercato piace. Piace perché mi fa sentire vicina alla gente. Perché è l’immagine più bella e variegata di un paese che si assembra. Perché è un brulicare di anime e sentimenti. Piace perché ci costringe a passeggiare lungo una strada che di norma si percorre su ruote. A me il mercato piace perché alla fine, dopo anni, ci sono commercianti che chiami per nome e che saluti con affetto. Piace perché, malgrado tutto, puoi andare senza acquistare ma ne ritorni più ricca: in termini di contatto, di contatti, di odori che si imprimono nella tua mente. Piace perché al mercato sono custoditi i ricordi di infanzia, di quando ci andavi con la zia, la nonna e la sorella. Piace perché i tuoi primi acquisti in autonomia li hai compiuti lì, a cinque anni, barattando per poche lire una papera.
A me il mercato piace perché compro mandorle, caffè e fiori. Sì, tanti fiori che offro a mia madre che ha sempre preteso la presenza di un vaso di lilium in cucina per profumare gli spazi, ridisegnarli con i colori.

E queste mie impressioni credo siano universali… Sono certa che i rosolinesi potranno vivere all’estero, al Nord Italia, nelle più belle capitali europee; potranno visitare mercati in migliaia di altre città, ma alla fine della fiera, l’emozione dell’appuntamento del 22 con “a fera ri Rusalini” nessuno potrà mai restituirtela. E oggi più che mai il mercato manca: manca il contatto, mancano le voci squillanti, mancano i saluti, mancano i progetti, mancano gli abbracci, mancano i sapori, mancano le prospettive di un presente stabile e legato alle abitudini. Manca, in breve, la comunità. Ma non manca la memoria e a quella, come alla fede, ci affidiamo riscoprendoci sensibili, forti e più vicini, assurdamente legati dal ricordo… con la promessa che ci ritroveremo lì, al mercato, in un 22 a venire.

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