
Il pranzo di Pasqua, con cui si interrompe il digiuno quaresimale, è un momento di festa e comunione, in cui indiscusso protagonista è il cibo. Una ricorrenza tanto attesa dalle famiglie che, anno dopo anno, si ritrovano portando avanti la tradizione culinaria dei nostri avi, di cui onorano la memoria.
Nel Sud est siciliano, il menù della domenica di Pasqua è particolarmente ricco: dai primi succulenti, come pasta al forno o ravioli ripieni di ricotta ed erbette aromatiche, ai secondi di carne e “scacce”, senza dimenticare i dolci.
Quali sono i piatti che non devono mai mancare sulle tavole dei rosolinesi?
A Rosolini, il tradizionale pranzo pasquale è a base di pasta al forno o ravioli ripieni di ricotta e erbette aromatiche e pastizzetta. Questo bocconcino di pasta ripieno di carne macinata nella vicina Modica cambia di nome, “i pastieri”, ma non di sapore. I pastizzetta, che oggi sono per lo più a base di carne bovina con aggiunta di riso e aromi, un tempo contenevano interiora di agnello.
L’agnello, simbolo della Pasqua, è, invece, il condimento principale con cui farcire la focaccia dalla caratteristica forma tonda, detta in dialetto mpanata.
Il menù si chiude con un dolce tanto amato ed esclusivo di questo lembo di Sicilia, laddove la cassata di ricotta non è quella universalmente nota con frutta candita e marzapane. Negli Iblei, infatti, le sfiziose cassatine di ricotta nascono dal fortunato incontro tra dischi di pasta stirati finemente e ricotta bovina zuccherata, su cui spolverare, a fine cottura, polvere di cannella, o da arricchire, nella versione più moderna e golosa, con gocce di cioccolato (rigorosamente Igp modicano). Tipici di Pasqua sono anche i palummeddi, la cui storia è legata a quella delle uova con sorpresa che oggi occupano interi scaffali di alimentari. Quando, un tempo, sull’isola non esistevano ancora le uova di cioccolato, nel ragusano, le mamme o le nonne solevano preparare per i bambini i cosiddetti palummeddi, chiamati anche cuddura o pupi cu l’ova.
Con la pasta avanzata delle mpanate, venivano realizzate figure o sculture di pasta con dentro le uova intere, compreso il guscio. Si trattava di figure che rappresentavano la colomba, oppure cestini contenenti l’uovo con sopra l’uccellino sempre realizzato con la pasta; o ancora, per le femminucce, una borsetta con manico intrecciato contenente 1-2 uova. I palummeddi venivano cotti in forno assieme alle mpanate. Queste piccole sculture consumate durante la Pasquetta rappresentavano la gioia dei bimbi (e non solo). Oggi, sono ancora numerose le famiglie che non dimenticano di realizzare quei cestini che, nella memoria collettiva, hanno rappresentato la felicità di quando si possedeva poco e a quel poco si attribuiva un inestimabile valore.
U luni i Pasqua, ovvero il Lunedì dell’Angelo, era ed è tutt’ora il giorno che chiude i festeggiamenti pasquali ed è consuetudine rilassarsi in famiglia o con gli amici in campagna o al mare, ritemprati dal messaggio di Resurrezione del Signore.
Questo menù, tanto ricco quanto genuino, si tramanda di tavola in tavola, di generazione in generazione. Il pranzo pasquale è un rito ispirato alla tradizione religiosa che si alimenta di folklore. La nostra società si fonda su colonne immateriali che sono i ricettari custoditi nella memoria e nei gesti antichi che si ripetono, certosini, senza esitazioni, festa dopo festa.
Preservare le tradizioni significa anche continuare a gustare il sapore di rigogliose radici che si nutrono di un cibo che si assapora lento, che racconta storie, che si fa conforto perché ha un’anima: è soul.
Alessandra Brafa