Alessia Scarso è messaggera di un logos che vince il tempo e la morte; consapevole che il cielo sia abitato da costellazioni e da ricordi, animato da un moto inarrestabile che produce energia, la stessa che ci alimenta ogni volta che lo contempliamo. 

Avrei voluto scrivere di Ad Sidera, di cui è già stato detto tanto, ma ho preferito rivolgermi al padre dell’astrofotografa e regista modicana, il compianto Avv. Carmelo Scarso, per ringraziarlo del capolavoro che lui ha ispirato e che sua figlia ha consegnato all’umanità.

***

Gent.le Avvocato Scarso,

L’ultima volta che l’ho vista, passeggiava con sua moglie in riva al mare e i vostri piedi nudi sulla sabbia bagnata di Maganuco erano leggeri, emblema di libertà. Poi, la notizia della sua dipartita è giunta come un temporale violento di fine estate. Lei, ma davvero lei, con la sua stazza e la potenza della sua oratoria, ha perso questa arringa? Rimbomba nella mia mente il discorso sulla giustizia e sull’uguaglianza che sua figlia lesse dal pulpito di una chiesa gremita quel 4 settembre di due anni fa. Rivedo ancora la telecamera che ha accompagnato il suo feretro al camposanto e sento i miei passi che si allontanano dalla moltitudine di gente radunata per rivolgerle l’ultimo saluto. Continuavo a domandarmi cosa ne sarebbe stato di Alessia. Pensavo a quanto beffardo fosse stato il destino. All’apice del successo di sua figlia, regista di fama internazionale, prima la malattia e poi la morte si erano presentate, funeste e senza invito, alla porta di casa vostra, costringendovi a modificare agende, scalette e copioni.

Adesso compio un passo indietro. L’ultimo periodo della sua permanenza terrena ha coinciso con un pezzo di cammino di vita che ho condotto assieme a sua figlia. Per una serie di fortuite quanto fortunate coincidenze, Alessia, così distante dai miei piani, mi consegnò per un momento la chiave di accesso al suo privato. Con sua figlia ho compreso cosa significa vivere la magia e intendere il cielo come una dimensione da abitare. Ricordo le sere trascorse in una Maganuco inedita d’inverno. Ricordo le notti stellate d’estate. Ripenso ai momenti in cui mi sono seduta sugli scogli fissando Alessia intenta a pescare. Lì, in quell’occasione, mi ha spiegato il valore del silenzio. Ed è allora che ho capito quanto la mia foga di esprimere, in una concatenazione sintattica e grammaticale incessante, concetti e pensieri fosse, talvolta, una pratica affannosa e vana.

Alessia fissava il mare in una maniera completamente diversa da quella a cui ero abituata io. Poi, una sera d’agosto, mi ha invitato a seguirla in un’uscita astrofotografica. Non mi ricordo il passaggio di quale stella andava atteso forse fino all’alba, ma accettai. In auto, lei silenziosa, io intenta a selezionare le cose da non dire, imbastendo, contemporaneamente, discorsi affollati nella mia mente. Non sapevo a cosa sarei andata incontro: io che ero abituata alla chiassosa mondanità di eventi social e sociali.
Fu una notte di mezza estate che ricordo come fosse ieri, o forse, come se non l’avessi mai vissuta sul serio perché troppo aldilà del reale per non prendere i connotati del sogno. In cerca del punto giusto da cui fotografare ci ritrovammo in territorio di Scicli, all’interno del museo della pietra, a mangiare spaghetti a lume di candela, a conversare con amici di un suo amico che sapevo non avrei mai più rivisto. C’era arte, c’era letteratura ma soprattutto c’era la luce e c’erano le ombre. C’era la percezione di essere vicini al compimento del concetto di comunione. Io, quella notte, ho compiuto un viaggio ultraterreno e da quel momento è cambiato il mio modo di osservare il flusso degli eventi, delle cose. Grazie ad Alessia, ho compreso l’esistenza di un mondo invisibile ai più che si fonda sulla Bellezza autentica, senza paramenti, semmai modellata dal tempo. Così come è Alessia: bella senza filtri, un equilibrio di carne e sensibilità. Sua figlia è caos calmo che anela all’armonia. Una creatura diversa dagli uomini e dalle donne che incontri abitualmente e che sa offrirti uno sguardo alternativo e costruttivo, anche in relazione alla morte. Alessia è un’araba fenice contemporanea. Quando pensavo si sarebbe fatta sopraffare dalla sofferenza della Sua “spartenza“, ha preso in mano il suo dolore, lo ha messo sotto la lente dell’obiettivo, e con un colpo di teatro, lo ha esternato senza sottolinearlo, lo ha reso “altro”, fecondo e universale.

Non Le spiegherò che cos’è Ad Sidera, non lo dirò neanche ai lettori perché quella che hanno definito una mostra-evento è in realtà un cammino nelle viscere di noi stessi in cerca di un equilibrio, un bilanciamento; è un percorso espositivo che, attraverso uno specchio gigante, riflette il timelapse delle emozioni mettendo a fuoco i sentimenti. Per questo per parlarne sono partita da scene private che raccontano la genesi della mia sincera amicizia con sua figlia. E oggi mi rivolgo a lei per ringraziarla: lei che è la chiave di lettura di un capolavoro che Alessia consegna a Modica e all’intera umanità. Lei che continua a ispirarla.
A mio padre, lassù con me“.

Le dico solo che quando sono entrata nella Stanza del tempo ho pianto. E non che io sia di lacrima facile, è che mi sono addentrata così tanto nei luoghi proiettati che sono riuscita a rivedere il frame della mia vita. Seduta in quella sala cinema all’ex Convento del Carmine ho visto scorrere inesorabile il tempo che Alessia ha manipolato, condensando cinque anni nello spazio di pochi minuti. Sono uscita da quest’esperienza artistica scossa e commossa: le lacrime hanno mondato il corpo e l’anima da ogni contaminazione. E’ la catarsi che si è compiuta, è Eros che vince su Thanatos, è la Bellezza che salverà il mondo. Ho assistito al miracolo del sole che sorge e che tramonta con l’inchino alla luna. Nel catamarano che giunge da Malta, nelle luci del porto di Pozzallo, nelle albe e nei tramonti della costa iblea, c’ero anche io. C’ero tutte le volte che ho immerso il mio corpo nelle acque di Maganuco; c’ero tutte le volte che ho fissato le barche che si perdevano all’orizzonte, giocando a tracciare il confine tra cielo e terra con le dita. C’ero tutte le volte che ho raggiunto quella landa desolata di terra che oggi custodisce le macerie del tempio felice della mia infanzia. Del tempo creativo di Alessia.

“C’era una volta” è l’incipit primordiale delle storie che si narrano, ma indica per definizione qualcosa che non c’è più. C’era una volta il cielo stellato. Ci siamo inondati di luce che non serve e abbiamo perso le stelle. Le stelle di cui sua figlia ci ha ricordato valore e intensità; le stesse che, quando le cerchiamo, con un po’ di immaginazione, si trasformano nei volti delle persone amate.

Ad Sidera è un diario familiare: è parte della storia di Alessia, della mia storia, della storia di tanti. Ecco che il genio artistico si rivela per ricordarci la magnificenza del cosmo e la perfezione del creato, invitandoci al piacere della contemplazione per ritrovare la connessione con lo stupore e la meraviglia. Il ciclo della natura, così come lo coglie l’astro-regista modicana, è un flusso di energia vitale che non puoi fermare ma che puoi alimentare per salvarti, salvare, aprendoti con purezza d’animo al mondo.

Ad sidera, Avvocato. Fino alle stelle.

Alessandra Brafa

 

4commenti

  • Carmelo Cicero
    2 Novembre 2021 at 23:02

    Ad sidera Carmelo mio amico da sempre!Ad sidera Alessia,sua degna figlia!Alessia,grazie per avermi reso partecipe!

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  • Maurizio Piccinetti
    3 Novembre 2021 at 1:00

    Ho letto ora tutto di un fiato il pensiero articolato in un percorso geniale e sensibile di Alessandra e quindi non riesco ad sporgermi oltre le forti emozioni che suscita.
    Il valore del silenzio in cui alla tragedia si accompagna un’insolita calma da lei, araba fenice, raggiunta, richiama in me la storia carica di tragedia e calma che Veronesi affronta nel suo eccellente libro Caos calmo.
    Alessandra è capace di far proprie le emozioni che vive e affronta, le narra con gusto, volontà, forza e tenacia utilizzando un alto livello qualitativo semantico sprigionando i suoi valori e ideali.
    Chi ha la fortuna ma la profonda volontà di leggere quanto lei scrive può solo imparare. Grazie

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  • Matteo Meli
    3 Novembre 2021 at 5:42

    Bellissima dimensione… Che noi comuni mortali ignoriamo e perdiamo ogni minuto di ogni prezioso giorno… Attirati solo da cose futili. Complimenti!

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  • claudio drago
    3 Novembre 2021 at 9:55

    Un bel risveglio sta mattina. Leggendo le tue righe ho ripercorso il viaggio di nuovo di Alessia, in quei luoghi con quelle sensazioni e soprattutto con un legame senza tempo del tempo. Ho scoperto cose che non avrei potuto per la dimensione personale che rappresentano, quindi grazie di avermi fatto condividere percorsi intimi, personali, unici. Le nostre radici affiorano sempre e questo è un monito a chi non lo ricorda e che sono humus, lievito per creare nuova vita. Grazie Alessandra, grazie Alessia.

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