Quattro amici, un pugno di monete, un mucchio di pietre e un campo sterrato: l’emozione di riscoprire il fascino antico di uno sport senza tempo, le ciappedde.
Dalla tenera infanzia alla vecchiaia: ogni età ha i suoi giochi, eppure è una dimensione da cui spesso si esce precocemente, senza più farvi ingresso. Ma la grandezza del gioco sta proprio nella capacità, talvolta inattesa, di toglierci il fiato e ridarci il sorriso. Ci rende, quasi per magia, più affiatati, innocenti, appassionati… e, anche solo per un momento, ci restituisce la curiosità e l’eccitazione di quando si è bambini.
E’ un dato di fatto che oggi i dispositivi avanzati abbiano superato i passatempi della tradizione. Navigando sul web con un occhio costante ai social, veniamo inglobati in un contesto internazionale. Una contaminazione positiva per molti aspetti ma dannosa se finiamo per annegare nel nulla, come accade quando veniamo definitivamente sradicati dal contesto sociale di appartenenza. Non un’accusa la mia, sebbene un invito alla riflessione, all’importanza di mediare, di adattarsi ai tempi ma di non disperdere il sapere di un tempo, quel tempo prezioso, di cui dobbiamo conservare la memoria: il tempo dei padri. Per questo, in una sera di fine agosto, ho scelto ancora una volta di seguire mio padre. Guida certa e porto sicuro, ho voluto prendere parte a uno degli appuntamenti fissi delle sue estati: il torneo di ciappedde.
Le ciappedde sono un vecchio e tradizionale passatempo siciliano. Sembrerebbe un gioco semplice ma, nella pratica, non lo è: servono preparazione atletica, concentrazione mentale, equilibrio e una certa sensibilità di polso. Si tratta di un gioco che richiama alla mente un altro molto più conosciuto, quello delle bocce; lo stesso che per i cugini francesi si chiama pétanque, nato in Provenza e presto diffusosi ovunque nell’Esagono.

In Sicilia, più precisamente nell’ex Contea di Modica, volendo semplificare le regole del gioco, funziona così: arrivano i partecipanti che si iscrivono al torneo pagando una quota (decisamente irrisoria). I loro nomi vengono trascritti su bigliettini e messi in una piccola urna (o scatola). A questo punto si procede al sorteggio “re scritturedda“. Si formano le squadre e via. Tutti ai nastri di partenza. Si gioca in quanti si vuole, di solito in strada, ma va bene anche qualsiasi altra superficie, un terreno sterrato o la spiaggia, purché sia pianeggiante. Ciascuno dei giocatori porta le proprie pietre da casa: di forma il più possibile piatta e circolare, non vi è un peso standard da rispettare. Lo strumento, dunque, è a discrezione di chi deve utilizzarlo. Molti patiti della ciappedda usano modellare la loro pietra, scalfendola, fino a farne dei dischi dall’aspetto levigato. Talvolta le ciappedde possono essere in legno, in tal caso devono presentare le stesse caratteristiche e dimensioni. Creato il campo da gioco, delineando bene la linea da non oltrepassare (pena il tiro giudicato nullo), si posiziona il “mastro” o “martidduzzu” a una distanza di 12 metri dallo start. A turno i giocatori tirano le proprie ciappedde con l’intento di avvicinarsi al mastro senza però colpirlo. Lo scopo del gioco è mandare quanto più vicino possibile la propria “ciappedda” al “martiduzzo”. Si procede poi ad attribuire un punteggio a ogni lancio così da eliminare chi ha totalizzato meno punti, e via dicendo… fino a che ne rimarrà uno solo: il vincitore.
In genere, nel modicano, questi tornei si disputano in occasione di feste rurali e nelle parrocchie di campagna ma anche sui lidi delle coste iblee. L’intrattenimento sportivo acquista dunque una valenza ancora più importante: la beneficenza. Amici della Ciappedda, ad esempio, è l’associazione dilettantistica conosciuta in occasione della mia incursione a sorpresa nella parrocchia della Madonna delle Lacrime, a Modica. L’associazione, nata con lo scopo di divulgare questa pratica sportiva, destina i proventi delle partite alle comunità parrocchiali e principalmente all’Associazione Salvuccio Agosta. Una “onlus” associata al Banco Alimentare che, con la fattiva collaborazione di tanti volontari, provvede a rifornire le famiglie in difficoltà di beni di prima necessità. Gli scopi e la storia della stessa, ieri sera, martedì 27 agosto, in contrada Treppiedi, mi sono stati illustrati dal sig. Giorgio Agosta, papà di Salvuccio che, a 15 anni dalla prematura dipartita del figlio, ancora si emoziona ricordando la grande umanità dello stesso. Scomparso nel 2004, all’età di 26 anni, Salvuccio Agosta, sin dalla più giovane età, aveva dimostrato un grande rispetto per gli altri ed il dono della carità. Nel suo nome i genitori Giorgio e Maria hanno voluto creare un’associazione: Salvuccio sognava di avvicinare i giovani a Gesù, con atteggiamenti sani e cristiani e aveva intrapreso gli studi teologici. La malattia ha messo fine al suo viaggio terreno, ma le opere di bene nel suo ricordo sono divenuti la missione principale della famiglia.
Quella di Salvuccio è una storia che difficilmente dimenticherò, come il sorriso di suo padre. Un sorriso di cui si è armato per combattere il cieco e assordante dolore di chi perde un figlio. Come difficilmente dimenticherò la sensazione di essermi immersa in un bagno di umiltà, regole e disciplina grazie a un semplice gioco. Un torneo di ciappedde mi ha permesso di stringere la mano a uomini gentili, di ascoltare le chiacchiere di signore sedute a raccontare le loro giornate, di osservare i gesti e i sorrisi di giovani radunati nello spiazzale del loro oratorio e bambini sereni correre felici, a piedi o sue due ruote, verso l’età adulta.
Un grazie particolare va agli Amici della Ciappedda- Modica nella persona del sig. Nino Agosta che, con entusiasmo e pazienza, ha accolto la mia presenza, guidandomi tra presente e passato per illustrarmi le regole di un gioco, che lo stesso prova instancabilmente a rendere più contemporaneo promuovendone la conoscenza anche online.
Il mio grazie più sentito va a papà. Perché anche se lui, Saro, non sale mai sul podio, da anni pratica questo sport nel rispetto delle antiche tradizioni degli abitanti di quartieri e contrade. E se ancora una volta ho stravolto il mio palinsesto estivo preferendo la periferia alla movida, l’ho fatto per continuare quel viaggio nella Sicilia più autentica e genuina, meno strillata giornalisticamente ma forse anche per questo la più vera, per continuare in buona compagnia quel cammino che ho ribattezzato #lamiasvoltagreen.
Amici, se qualche volta distrattamente vi capita di leggere “Ciappedda” sul programma di manifestazioni di paese, partecipate, datemi retta, e portateci i vostri figli. Sono certa che una pietra lanciata potrà aiutare loro e noi a liberarci, anche solo per un momento, di quella schiavitù imperante che ci rende propensi a guardare il suolo e non il cielo. Io ieri sera ho sognato. E ancora una volta nella mia terra ho fatto il sogno migliore: quello che si vive a occhi aperti.
giovanni colombo
Sono un grande appassionato della ciappedda e tante volte sono salito sul podio. Ma da diversi anni non partecipo a causa del mio lavoro. Magari in futuro potrò partecipare. Bellissime parole le tue ai colto il vero significato della ciappedda: Un pugno di amici che hanno l opportunità di incontrarsi ogni volta che c e un torneo e passare una serata gioiosa. Un caro saluto al tuo papà amico di tutti. giovanni colombo
Giorgio
Grazie di Cuore Alessandra,ci hai emozionato con la tua grande UMANITÀ!!!