
Ricordare significa richiamare al cuore. È un’azione che permette a ciò che facciamo, diciamo, pensiamo, di restare anche dopo l’immediato presente. Come le tradizioni, che esistono grazie alla memoria. E io sono grata alla città di Rosolini che non dimentica e si impegna tutto l’anno pur di mantenere vive le tradizioni. Tradizioni secolari che nascono dall’intreccio tra l’autentica devozione dei Santi e il pomposo costume del popolo.
Ph. cr. Tommaso Latina
San Giuseppe è una delle feste che più attendo. Sin dalle prime luci della domenica mattina, quando i colpi di cannone e lo scampanio a festa annunciano il giorno in onore del Santo Patriarca. Sento l’urgenza di vivere i diversi momenti della giornata e di saziare gli occhi così bramosi di imprimere nella mente immagini colpite dal sole. Immagini che raccontano quella che un tempo era appellata “a cursa re cavadda”. Oggi, per il benessere degli animali e per ragioni di ordine pubblico, la corsa è vietata. Si raccomanda il trotto, cioè l’andatura del cavallo intermedia tra il passo e il galoppo, che prende i toni di un’allegra e ritmata passeggiata.
Nel folklore, San Giuseppe significa anche e soprattutto stazionare al balcone. Osservare, ammaliata, i colori di carri e calessi artisticamente addobbati, di cavalli bardati, i bambini aggrappati alle transenne pur di conquistare la prima fila. E poi le voci. Udire le parole in vernacolo dei fantini (i cavaddhari) che si confondono ai nitriti, alle tarantelle, al rumore degli zoccoli sull’asfalto. E ancora, i gerani di mamma, gli amici che salgono frettolosi le scale, la casa che profuma di sugo e di finocchi gratinati.
Oggi, i fornelli erano spenti ma la memoria ben accesa. E ai mille volti incrociati unisco quelli di cui il posto a tavola rimane vacante, protagonisti immortali e costruttori degli amorevoli ricordi del mio passato.
Cambia la società, cambiano i tempi, ma se si mantiene vivo il mos maiorum, la comunità resta quel gruppo coeso a cui senti di appartenere, il solo che può capire cosa significa radunarsi in piazza, post prandium, vincendo la sonnolenza, per il semplice piacere di assistere alla cena votiva: con i signori che battono i doni all’asta, interrotti di tanto in tanto dal suono delle campane a festa.
Viva San Giuseppe e grazie a chi continua a preservare le tradizioni e le trasmette ai propri figli, che ne diventeranno – a loro volta- custodi e ambasciatori.
Viva San Giuseppe, il Santo Patriarca, Patrono di Rosolini, il Padre e la fertilità, la figura che, più di tutte, annuncia la buona novella di una nuova primavera.
Buon respiro, buona festa a tutti e tutte!